Tutele e garanzie per l’appaltatore contro l’inflazione delle materie prime causate dal Covid-19

30.05.2022

Il contratto di appalto è disciplinato dal Codice civile agli artt. 1655 e ss., ove viene definito come un contratto attraverso cui un soggetto -l'appaltatore- assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio, in favore di un altro soggetto -il committente-, a fronte di un corrispettivo in danaro.

La peculiarità di tale contratto è rappresentata dalla c.d. alea dell'appaltatore, dovendo quest'ultimo organizzare tutti i mezzi necessari per l'esecuzione del contratto in maniera autonoma e secondo la propria discrezionalità e diligenza, nonché dovendosi fare esclusivo carico del rischio economico dell'operazione.

Al fine di bilanciare suddetto rischio, ad esclusivo carico dell'appaltatore, il legislatore ha altresì previsto all'art. 1664 c.c. un peculiare meccanismo di tutela.

Tale meccanismo ha lo scopo di limitare l'alea dell'appaltatore, ove si verifichino delle circostanze imprevedibili che determinino una variazione dei costi della manodopera o delle materie prime (in una percentuale superiore al 10% del prezzo complessivamente pattuito), ovvero che rendano più gravosa l'esecuzione dell'opera.

Dunque, con riferimento all'imprevedibile[1] aumento dei costi, si rileva che lo stesso deve essere riconducibile a cause estranee alla volontà dell'appaltatore, dovendosi ritenere incluso nel concetto di imprevedibilità, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche l'inflazione dei valori di mercato.

Nell'ipotesi in cui si verifichi la suddetta circostanza, e dunque si verifichi un aumento dei costi superiore al 10% del valore complessivo dell'opera, l'appaltatore potrà dunque chiedere la revisione del prezzo della stessa limitatamente all'eccedenza del 10% del prezzo.

La scelta del legislatore, di prevedere il limite entro il quale l'alea del contratto è posta ad esclusivo carico dell'appaltatore, è chiaramente connessa al rischio connaturato all'attività imprenditoriale, la quale per sua natura presenta aree di incertezza che devono porsi a carico dell'imprenditore.

È  chiaro, dunque, che ove si verifichi un aumento del prezzo delle materie prime per una percentuale superiore al 10% del valore complessivo dell'opera, esista nel nostro ordinamento uno strumento posto a tutela dell'imprenditore.

Tuttavia, ci si chiede quale sia la sorte degli imprenditori che, nel periodo influenzato dalla pandemia da Covid-19, abbiano subito aumenti inferiori al 10% del valore dell'opera e quali siano le tutele dagli stessi invocabili.

In primo luogo occorre sottolineare che al comma 2 dell'articolo 1664 c.c., il legislatore ha inteso riconoscere all'appaltatore un equo compenso nel caso in cui "si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore".

Con l'avvento della pandemia da Covid-19, si è ritenuto che la suddetta norma potesse essere interpretata estensivamente al fine di ricomprendere al suo interno anche le conseguenze causate dalla pandemia e, quindi, tutelare gli imprenditori di fronte ad un aumento imprevisto dei costi delle materie prime (inferiore al 10%).

La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito come l'art. 1664 comma 2 possa applicarsi non solo alle c.d. ipotesi di "sorpresa geologica", bensì a tutte le ipotesi di difficoltà sopravvenute derivanti da "cause naturali", con la sola esclusione di "diverse cause oggettive di difficoltà sopravvenuta quali i fatti umani, sebbene rivelatisi idonei a produrre effetti identici o analoghi alle cause naturali"[2].

Alla luce di tale interpretazione offerta dalla Suprema Corte, si è ritenuto di poter includere nel novero di "cause naturali" anche la pandemia da Covid-19, con ogni ovvia conseguenza in punto di applicabilità del rimedio di cui all'art. 1664 comma 2 c.c.

Ove si accedesse alla summenzionata tesi, e dunque si ritenesse di poter applicare l'art. 1664 comma 2 c.c. all'inflazione delle materie prime causata dalla pandemia da Covid-19, si potrebbe ricomprendere nell'equo compenso le eccedenze dei costi non previste, con conseguente ristoro l'imprenditore per i danni derivati dagli aumenti imprevedibili dei costi di produzione, comportando un vantaggio patrimoniale nei confronti dell'appaltatore che si vede compensato totalmente dalla perdita derivante dall'aumento delle materie prime, rispetto all'applicazione del primo comma del suddetto articolo.

Dott. Vito Quaglietta


[1] Sul concetto di imprevedibilità, si veda Cass. SS.UU. n.12076/1992.

[2] V. sent. Cass. Civ. sez. I 28.03.2001, n. 4463.