Autoriciclaggio: Il delicato tema della realizzazione plurisoggettiva della fattispecie

21.02.2024

L'art. 3 della l. 15 dicembre 2014, n. 186, recante «Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio», ha introdotto all'art. 648-ter.1. c.p., il delitto di autoriciclaggio.

La fattispecie in esame è stata, altresì, inserita nel catalogo dei reati presupposto del d.lgs. 231/2001 (art. 25 octies), semplicemente prevedendo nel caso di autoriciclaggio, commesso da uno dei soggetti di cui all'art. 5 del d.lgs. 231/2001 nell'interesse o a vantaggio dell'ente, una sanzione da duecento a ottocento quote, sanzione che diventa da quattrocento a mille quote ove il denaro, i beni e le altre utilità provengano da un delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni. 

Nei casi di condanna, si applicheranno all'ente le sanzioni interdittive per una durata non superiore a due anni.

La Legge 186/2014 rispecchia l'adesione del paese agli standard internazionali e sovranazionali finalizzati a combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Questi standard comprendono la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata (Convenzione di Palermo), la Direttiva europea 2015/849 (IV Direttiva antiriciclaggio) e la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio.

Ebbene, a fronte di un fine dichiarato di adeguare il nostro ordinamento alla normativa internazionale, non pare casuale che la norma sia entrata in vigore contestualmente alla disciplina istitutiva della cd. voluntary disclosure.

In altre parole, e semplificando, l'auspicata riemersione di capitali provento di evasione, detenuti sia in Italia che all'estero, è stata perseguita minacciando il contribuente infedele di penalizzare – pur a condizioni stringenti – i movimenti che tali capitali avrebbero in seguito compiuto e promettendogli uno scudo penale con la cd. voluntary disclosure per il caso in cui si autodenunciasse: «l'autoriciclaggio è il bastone, lo scudo penale è la carota, il fine è far cassa».[1]

Come per il delitto di riciclaggio, anche quello di autoriciclaggio è qualificabile come reato plurioffensivo: accanto al patrimonio, sono tutelati altri beni giuridici come l'amministrazione della giustizia, l'ordine pubblico, ovvero l'ordine economico-finanziario, anche nella specie della tutela del risparmio.

A seguito delle modifiche intervenute nel 2021, la fattispecie criminosa delineata dal primo comma consiste nel fatto di chi, avendo commesso o concorso a commettere qualsiasi delitto (anche non colposo), impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Parimenti, il D.lgs. 195/2021 ha modificato l'ipotesi attenuata di autoriciclaggio, che viene trasformata da circostanza indipendente ad attenuante ad effetto comune se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Accanto a ciò il secondo comma – modificato dall'entrata in vigore del D.lgs.195/2021 – estende il delitto di autoriciclaggio anche ai beni provenienti da contravvenzioni punite con l'arresto superiore nel massimo a un anno e nel minimo a sei mesi.

Il quinto comma stabilisce poi la non punibilità quando la condotta consista nella mera utilizzazione o nel godimento personale.

La disposizione si chiude, infine, con la previsione di una circostanza aggravante a effetto comune allorché i fatti siano commessi nell'esercizio di attività bancaria o finanziaria o altra attività professionale e con una diminuzione rilevante di pena – fino alla metà – nel caso l'autore "si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro o delle altre utilità provenienti dal delitto".

Quanto alle singole condotte alternative (trasferimento, sostituzione e impiego) la Suprema Corte ha adottato una lettura forte della nozione delle attività in questione, tale da assicurarne un sufficiente grado di precisione.

«E' economica, secondo la indicazione fornita dal codice civile all'art. 2082, soltanto quella attività finalizzata alla produzione di beni ovvero alla fornitura di servizi», mentre è da ritenersi finanziaria l'attività così qualificata «dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (art. 106), che individua quali tipiche attività finanziarie l'assunzione di partecipazioni (acquisizione e gestione di titoli su capitale di imprese), la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento (incasso e trasferimento di fondi, esecuzione di ordini di pagamento, emissione di carte di credito o debito) l'attività di cambiavalute»[2].

I giudici di legittimità precisano, altresì, che la norma sull'autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica specifica di essere idonee ad «ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa».

Occorre, pertanto, che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l'autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo, ma sempre finalizzato ad occultare l'origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto.

Quanto alla attività speculativa, invece, la giurisprudenza ha precisato che in tale nozione rientrano anche il gioco d'azzardo e le scommesse, che acquistano dunque tipicità autoriciclatoria (Cass. Pen Sez. II, n.13795/2019) e, più in generale, "molteplici attività e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite". (Cass. pen. Sez II, n.27023/2022).

L'elemento soggettivo – dolo generico - del delitto di autoriciclaggio richiede che chi commette il reato sia consapevole dell'origine illecita dei beni o dei proventi che sta utilizzando o impiegando.

La norma sull'autoriciclaggio appena entrata in vigore ha subito posto dinanzi a una serie di questioni interpretative, tra cui quella relativa la "realizzazione plurisoggettiva della fattispecie" che investe, in ultima istanza, i rapporti tra riciclaggio e autoriciclaggio.

Ci si chiede, in particolare, se, in caso di concorso dell'autore del reato presupposto con un terzo (estraneo alla commissione del reato "fonte" del profitto) nella ripulitura dei proventi illeciti, entrambi siano chiamati a rispondere della meno grave figura di autoriciclaggio oppure la norma di nuovo conio si applichi solo all'autore del reato presupposto, il terzo seguitando a rispondere di riciclaggio.

Secondo una parte della dottrina, colui che, non avendo concorso nel delitto presupposto, contribuisca alla realizzazione delle condotte tipizzate dall'art. 648 ter.1 c.p., risponderà del delitto di riciclaggio o di quello di impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita.

Ciò in quanto «l'insieme costituito dalle condotte tipizzate dall'art. 648 ter.1 c.p. si iscrive completamente in quello designato dal combinato disposto delle due disposizioni, artt. 648 bis e 648 ter c.p.. L'elemento specializzante non attiene, infatti, alle condotte quanto invece alla qualificazione soggettiva dell'autore (qualificazione rispetto alla quale gli insiemi in discorso si trovano in una condizione di alternatività reciproca)».

Al contrario, vi è chi sostiene che l'autoriciclaggio costituisca un reato proprio, rispetto al quale ben sarebbe ammissibile la realizzazione anche da parte di un terzo sprovvisto della qualifica soggettiva tipica, potendosi configurare il concorso nel reato di autoriciclaggio a norma degli artt. 110 e 117 c.p., a seconda che il terzo extraneus abbia o meno consapevolezza della qualifica posseduta dall'intraneus.

Infine, una parte della dottrina ha proposto di risolvere la questione facendo applicazione dei principi dettati in materia di concorso apparente di norme.

Sotto questo profilo, pur in difetto di un rapporto di specialità strutturale tra le due fattispecie e in assenza di clausole di sussidiarietà espresse che regolino le reciproche interferenze, deve ritenersi che l'art. 648 bis c.p. assorba nei confronti del terzo extraneus il meno grave autoriciclaggio, in applicazione del principio di sussidiarietà.

Ciò premesso, è proprio quest'ultima opzione ermeneutica ad essere accolta dalla Suprema Corte nella sentenza n.17235/2018.

I giudici muovono dalla identificazione della ratio dell'intervento del legislatore del 2014, che era quella di punire l'autoriciclatore e non certo quella di attenuare le pene per il riciclatore già sanzionato ex art. 648 bis c.p.

D'altra parte – precisa la Suprema Corte – la diversificazione dei titoli di reato in relazione a condotte lato sensu concorrenti non costituisce una novità per il sistema penale vigente che ricorre a questa soluzione in alcuni casi di realizzazione plurisoggettiva di fattispecie definite dalla dottrina «a soggettività ristretta» (es. evasione, infanticidio, interruzione volontaria di gravidanza in violazione dei limiti di liceità).

Ne discende, dunque, che le condotte concorsuali tenute da terzi estranei per agevolare la condotta di autoriciclaggio posta in essere dal soggetto che abbia commesso o concorso a commettere il delitto non colposo presupposto, titolare del bene di provenienza delittuosa "riciclato", conservano rilevanza penale quale fatto di compartecipazione previsto e punito dall'art. 648-bis c.p., venendo punite più gravemente di quanto avverrebbe in applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, ex artt. 110/117 e 648-ter. 1 c.p..

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia

[1] Cavallini, Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del "vicino ingombrante", in Dir. pen. cont. – Riv. Trim., 2015, 1,95

[2] Cass. Pen. Sez II, n.33074/2016