Cittadinanza e WELFARE: tutela dell’immigrato tra diritto dell’Unione Europea e sistema previdenziale/assistenziale interno

02.06.2023

Il binomio CITTADINANZA-WELFARE è entrato in crisi con il susseguirsi dei numerosi fenomeni migratori degli ultimi anni, nella misura in cui le prestazioni assistenziali e previdenziali vanno assicurate a tutti i soggetti nel territorio dello Stato a prescindere dallo status. Nelle attuali condizioni il welfare si scontra con la crisi economica, strascico della recentissima pandemia da Covid-19, e con il peggioramento del razzismo e della xenofobia la parità di trattamento tra immigrati e cittadini è sempre più complicata.

Il principio paritario trova legittimazione nel cd. Core Labor Stendards, ovvero in quei principi cui gli Stati membri OIL devono conformarsi e dare attuazione in ragione della loro semplice appartenenza all'organizzazione internazionale del lavoro.

Premessa

Con l'accordo di Schengen del 14 luglio del 1975, fu prevista la libera circolazione dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, vi fu l'eliminazione delle frontiere, venne creata una politica dei visti comune (tranne per Regno Unito, Danimarca e Irlanda) e vennero stipulati accordi con i paesi terzi per garantire una politica comune.

Con la Convenzione di Dublino del 1997 venne creato un sistema comune di asilo e poi, con i regolamenti di Dublino del 2003 e del 2013, si stabilirono dei meccanismi per determinare quale stato membro fosse responsabile per l'esame della domanda di asilo.

Vediamolo più nel dettaglio…

Chi arriva in uno Stato membro dell'Unione Europea, da un paese terzo, può richiedere una protezione e per farlo, deve fare leva sul fatto che proviene da una zona di guerra o da una zona dove è soggetto a persecuzione.

Tali protezioni sono protezioni internazionali che sono state approvate dalla Convenzione di Ginevra e accolte dagli Stati dell'Unione.

Quali strumenti ha a disposizione l'immigrato?

Dal 1990, la Convenzione di Dublino, riformata, ha allargato il concetto di famiglia e di accoglimento della domanda di asilo, che può essere fatta solo al primo stato in cui arriva lo straniero.

Negli anni, tra i metodi proposti, l'Italia ha elaborato il metodo del cd. ricollocamento che permette di redistribuire in modo equo le domande di asilo tra i paesi membri.

Alla base della decisione che venne presa dalla Corte di Giustizia europea (decisione 1523), su ricorso di Italia e Grecia per l'accoglienza dei migranti, sta l'Art 78.3 del Trattato di Lisbona, il quale prevede che in caso di necessità ed emergenza derivante dal massiccio flusso di migranti di paesi terzi, il Consiglio su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee ed urgenti a beneficio degli Stati interessati. Fu proprio nel 2015 che il governo italiano chiese al Consiglio di emettere una decisione che riguardasse il ricollocamento dei migranti, in ragione dell'Art 78.1 del Trattato di Lisbona che dispone una politica in materia di asilo comune, protezione temporanea e sussidiaria (…) che possa offrire al migrante uno status appropriato di cittadino, sulla base del principio del "NON RESPINGIMENTO".

L'Art 78 continua dicendo che il Parlamento europeo e il Consiglio, adottano le misure relative al sistema comune di asilo (LEASO) che include:

  • Uno status uniforme di asilo valido per tutti gli stati UE;
  • Uno status uniforme di protezione e sussidiario per i cittadini di paesi terzi che necessitano di protezione internazionale ma che non rientrano nel beneficio dell'asilo;
  • Protezione temporanea per gli sfollati;
  • Criteri di determinazione dello Stato competente per l'esame della richiesta di asilo;
  • Norme riguardanti le condizioni di accoglienza;
  • Cooperazione con paesi terzi per frenare il fenomeno migratorio.

Il respingimento del ricorso da parte della Corte è sostenuto dal fatto che "l'Art 78 non contiene una specifica procedura legislativa ed il Consiglio può adottare decisioni e il ricollocamento di 40.000 persone sarebbe comunque stato insufficiente a risolvere il fenomeno emergenziale".

Cosa sono i CPS?

I centri di primo soccorso, anche detti CPS, sono centri temporanei e servono per accogliere, dare prime cure sanitari e di assistenza ai migranti.

I migranti che passano dai CPS poi vengono trasferiti nei CARA ovvero nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo che insieme ai CIE, ai CAS e agli HOTSPOT, compongono il cd. (Sostegno per i Richiedenti Asilo e i Rifugiati).

  • Nei CARA i
  • soggetti vengono identificati e rimangono fin quando non viene accettata l'eventuale richiesta di asilo;
  • Nei CIE (Centro di identificazione ed Espulsione) ci sono i soggetti che non hanno fatto richiesta di asilo o protezione e quindi devono essere espulse, anche se possono rientrare nella categoria dei "migranti economici";
  • I CAS (Centro di Accoglienza Straordinario) vengono creati in situazioni di emergenza per far fronte ai flussi migratori eccezionali, in quanto gli altri centri esistenti non sono sufficienti;
  • Gli HOTSPOT sono anch'essi temporanei e di solito sono collocati sulle navi vicine alle coste da dove è probabile che partano i barconi, per soccorrerli in caso di naufragi e per identificarli.

Orbene, la tutela paritaria del WELFARE è ampiamente riconosciuta dal diritto dell'Unione Europea, invero, la protezione antidiscriminatoria approvata dal consiglio e dalla CEDU che, attraverso un'interpretazione finalistica, hanno più volte ribadito il divieto di trattamenti arbitrari in materia di sicurezza sociale fondati sulla nazionalità.

Sostanzialmente il diritto dell'Unione Europea è quello che tutela il modo organico e puntuale il welfare dei migranti. L'Art 34 della Carta di Nizza al II paragrafo prevede che "ogni persona che risiede o si sposti legalmente all'interno dell'UE ha i benefici sociali, in conformità alle legislazioni nazionali".

Tale disposizione, tuttavia, ha avuto scarsa applicazione, sia in quanto norma di principio, sia perché l'Unione non ha una competenza previdenziale.

Negli anni, poi, sono state adottate varie direttive per ridurre la disparità di trattamento tra i cittadini UE e i migranti:

  • DIR 2000/43 CE : proibisce qualsiasi trattamento arbitrario in ragione della razza e dell'origine etnica e dunque l'esclusione della nazionalità come fattore discriminante;
  • DIR 2003/109 CE : relativa allo status dei cittadini dei paesi extra UE che soggiornano per un lungo periodo nell'Unione;
  • DIR 2011/98 UE : istitutiva di un permesso unico di soggiorno e lavoro nei confronti dei cittadini di paesi terzi e nei loro confronti un decalogo minimo di diritti.

Cosa prevede il nostro ordinamento a livello previdenziale?

Secondo la nostra Costituzione, la regola in materia previdenziale degli immigrati è quella della parità di trattamento.[1]

Oltre alle norme costituzionali:

  • Il D.Lgs 286/1996 (Testo Unico sull'Immigrazione) à tutela previdenziale connessa allo status di migrante lavoratore e non a quello di cittadino, in particolare l'Art. 2.3 garantisce a tutti i lavoratori regolarmente soggiornanti sul territorio italiano la piena uguaglianza rispetto ai cittadini.

Tale diritto di uguaglianza, tuttavia soffre di 2 importanti eccezioni, da un lato c'è l'Art 25.2 del Testo Unico che discrimina i lavoratori stagionali, stante la mancata erogazione per essi dell'assegno di disoccupazione involontaria e, dall'altro lato c'è l'abrogazione del rimborso dei contributi versati dagli stranieri che poi sono rimpatriati.

e a livello assistenziale?

L'Art. 38.1 della Costituzione afferma che "ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale".

L'articolo va letto in chiave sistematica con l'Art. 3 della Carta Fondamentale, preordinata all'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Il D.Lgs 286/1998 all'Art. 41, parificava gli stranieri, ai cittadini, che avevano la carta di soggiorno di durata non inferiore ad 1 anno… cambio rotta si ebbe con l'Art 80.19 della L. 388/2000, preordinata a salvaguardare l'equilibrio finanziario dell'INPS e da allora le prestazioni assistenziali vengono accordate a condizione che gli immigrati abbiano il soggiorno UE di lungo periodo.

In merito a quest'ultima legge, la Corte Costituzionale con una sentenza del 2008 dichiarò, attraverso delle sentenze di accoglimento parziale, la parziale illegittimità costituzionale dell'Art.80, facendo leva sul principio di ragionevolezza e sulla necessità di tutela dei bisogni primari della persona e sul divieto di discriminazione, orientamento volto all'emanazione anche di leggi regionali che subordinano le prestazione di WELFARE locale o alla residenza qualificate o alla cittadinanza.

Nonostante tali sentenze abbiano aumentato le prestazioni assistenziali accordate ai migranti soggiornanti, non hanno operato alcuna piena parificazione tra questi ultimi e i cittadini.

Dott.ssa Veronica Riggi

[1] L'Art. 38.2 afferma che "i lavoratori hanno diritto di essere preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio-malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria"