Il furto in sagrestia è qualificato come furto in privata dimora

22.10.2025

Cass. Pen., Sez. IV, 30 aprile 2025, n.16366 

Massima: «La nozione di privata dimora, di rilievo ai sensi dell'art. 624-bis cod. pen., ha una natura esclusivamente obiettiva, riferendosi unicamente al luogo fisico, e non già alla persona del derubato. Non è richiesto, cioè, quale necessario presupposto, che la persona offesa coincida con lo stesso soggetto cui pertenga la disponibilità del luogo, con potere di escluderne l'eventuale accesso a terzi. Una volta che, come nel caso di specie, venga concesso alla terza persona di accedere al luogo di privata dimora, l'eventuale illecita sottrazione di un bene di proprietà del terzo non fa venir meno la qualificazione del reato come furto in abitazione, in quanto perpetrato in un luogo che, per l'appunto, secondo i canoni interpretativi indicati dalla giurisprudenza di legittimità, si connota certamente quale luogo di privata dimora.»

A cura di Avv. Francesco Martin

La Corte di cassazione si è pronunciata sul delitto di furto commessa all'interno di privata dimora.

Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 624-bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.

Accertato l'indicato aspetto, e ritenuto comprovato come la disponibilità della sagrestia e del relativo jus excludendi dei terzi perteneva, in via esclusiva, alla persona del parroco, deve essere osservato come da ciò non possa essere inferito, come invece auspicato da parte della ricorrente, il conseguente esonero della sua responsabilità penale, sul presupposto che la sottrazione del bene sarebbe stato effettuata, in danno di una terza persona, e non già del parroco.

Si tratta, infatti, di un evidente errore prospettico, considerato che la nozione di privata dimora, di rilievo ai sensi dell'art. 624-bis c.p., ha una natura esclusivamente obiettiva, riferendosi unicamente al luogo fisico, e non già alla persona del derubato. 

Non è richiesto, cioè, quale necessario presupposto, che la persona offesa coincida con lo stesso soggetto cui pertenga la disponibilità del luogo, con potere di escluderne l'eventuale accesso a terzi. Una volta che, come nel caso di specie, venga concesso alla terza persona di accedere al luogo di privata dimora, l'eventuale illecita sottrazione di un bene di proprietà del terzo non fa venir meno la qualificazione del reato come furto in abitazione, in quanto perpetrato in un luogo che, per l'appunto, secondo i canoni interpretativi indicati dalla giurisprudenza di legittimità, si connota certamente quale luogo di privata dimora.

Per ciò che attiene al furto in abitazione, la norma indica un vincolo di carattere fattuale nella condotta punita che deve infatti svolgersi previa introduzione in un edificio o comunque in qualsivoglia altro luogo che sia destinato — pur se magari in maniera parziale — alla privata dimora delle persone.

La terminologia adoperata dal legislatore, allorquando richiama la nozione di privata dimora, è volutamente ampia ed aperta. Il concetto di privata dimora deve quindi essere interpretato secondo una nozione estremamente larga, fino sostanzialmente a ricomprendere ogni luogo che risulti effettivamente utilizzato — pur se in maniera discontinua o episodica — alla permanenza umana a fini abitativi.

Un concetto che non è quindi sovrapponibile in maniera esatta a quello di domicilio, di cui all'art. 614 c.p.-

Rientrano pertanto all'interno di tale alveo previsionale tutti gli edifici e manufatti in genere, che siano adibiti ad abitazione dell'uomo, i luoghi definibili alla stregua di pertinenze delle abitazioni, in quanto adoperati per il soddisfacimento di necessità comunque afferenti al concetto di residenza (dunque depositi, cantine, soffitte, mansarde, porticati, verande, eccetera).

Vi rientrano infine tutti i luoghi in cui comunque si svolgano attività rientranti nella vita privata delle persone.

Giova precisare come la norma non postuli il requisito dell'effettivo, attuale utilizzo dell'immobile a fini abitativi o comunque di privata dimora; è invece sufficiente che il bene sia a ciò destinato. Ricorre quindi il reato anche nel caso in cui ci si introduca — al fine di impossessarsi di cosa mobile

altrui — in un appartamento disabitato, o anche sottratto all'utilizzo dell'avente diritto, per l'esistenza di un qualunque vincolo di indisponibilità di carattere giuridico.

Nulla osta, infine, a ritenere esistente il concorso di reati tra la violazione di domicilio ed il furto in abitazione.