L'inerzia del locatore tra abuso del diritto e tutela giudiziaria: limiti e implicazioni

07.12.2024

Cass. Civ., Sez. III, n. 112119 del 2024

Una società concedeva in locazione un immobile ad uso commerciale ad una ditta individuale a partire dal settembre 2014.

Il conduttore non corrispondeva il canone dovuto dal mese di febbraio 2015 al mese di marzo del 2020.

Il locatore, tuttavia, era rimasto inerte per diversi anni, anche perché nel frattempo, l'immobile era stato pignorato.

Successivamente, il locatore agiva in giudizio e chiedeva il pagamento dei cinquantadue canoni insoluti.

Il conduttore, nel secondo grado di giudizio, veniva condannato al pagamento di centoventicinque mila euro.

Il convenuto eccepiva un controcredito in compensazione, evidenziando che aveva fornito alla società attrice del materiale lapideo, tuttavia, l'eccezione veniva rigettata.

La vicenda giungeva in Cassazione.

Il conduttore lamentava che il locatore era rimasto inerte per un quinquennio e che la richiesta in una unica soluzione dei cinquantadue canoni insoluti, senza che il locatore avesse formulato alcuna domanda in precedenza, violava i principi di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 c.c. e 1375 c.c.

Inoltre, il conduttore a sostegno della sua tesi difensiva, invocava un precedente della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la repentina richiesta di adempimento dell'obbligazione di pagamento, laddove il locatore non aveva mai preteso il pagamento, costituiva abuso del diritto e, quindi, una violazione dei canoni di buona fede e correttezza contrattuale.

I giudici di legittimità decidevano di non accogliere la doglianza del ricorrente e, in via preliminare, dichiaravano di non voler dare seguito al precedente richiamato dal conduttore.

La pronuncia menzionata, infatti, riguardava la locazione di un immobile adibito ad uso abitativo e non commerciale.

Nel caso di specie, inoltre, non si era in presenza di un abuso del diritto dal momento che l'immobile fino al mese di febbraio del 2021 era gravato da un pignoramento, che limitava, pertanto, la legittimazione del locatore e non poteva ingenerare in capo al conduttore alcun affidamento.

Il Supremo Consesso, inoltre, escludeva l'operatività nel nostro sistema dell'istituto di derivazione tedesca della Verwirkung, vale a dire la decadenza derivante dal divieto di venire contra factum proprium.

Nel nostro ordinamento opera la clausola di buona fede, in osservanza della quale le parti devono agire in modo da preservare l'una gli interessi dell'altra.

Secondo gli ermellini, l'inerzia del locatore non costituiva abuso del diritto, sebbene protratta per un considerevole lasso di tempo; inoltre, il diritto di credito non poteva considerarsi rinunciato tacitamente perché il mero ritardo non costituisce espressione di volontà abdicativa.

Per tali motivi, il ricorso del conduttore veniva rigettato e veniva condannato al rimborso delle spese legali sostenute dalla controparte.

Dott.ssa Michela Falcone