Concorso apparente di norme. Maltrattamenti in famiglia o stalking aggravato?

18.01.2025

Cass. Pen. Sez. VI, 15 Ottobre 2024, n. 37748

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Ebbene, il reato di cui all'art. 572 c.p. rubricato: "Maltrattamenti contro familiari e conviventi", punisce chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni". ( art. 572, I comma c.p.)

Nel reato de quo, il bene giuridico tutelato dalla norma è l'integrità psico-fisica della persona offesa. Il reato, infatti, si sostanzia nel perpetrare i maltrattamenti, che si traducono in una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o meno, realizzati in momenti successivi con la consapevolezza di ledere l'integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo, allo scopo di sottoporlo ad un regime di vita dolosamente vessatorio.

Stante la locuzione iniziale "chiunque", si tratta di reato proprio e, quindi, commesso da un soggetto determinato ossia un componente della famiglia, ovvero il coniuge nonché il convivente more uxorio che abita stabilmente con la vittima .

Difatti, sul concetto di "famiglia" è intervenuto il Legislatore, in occasione della ratifica della Convenzione di Lanzerote per la tutela dei minori[1], in particolare, ha inteso tradurre in termini giuridici il concetto di famiglia "allargata", da tempo recepita in dottrina e giurisprudenza (comprensiva di ogni consorzio di persone tra le quali, per intime relazioni e consuetudini di vita, insorgano legami di reciproca assistenza e protezione).

Va da sé, quindi, evidenziare che cessata la stabile convivenza o intervenuta la separazione ovvero il divorzio tra i coniugi, alla luce della suindicata pronuncia giurisprudenziale, non è possibile parlare di commissione del reato ai sensi dell'art. 572 c.p., bensì di 612 –bis c.p. nella sua forma aggravata punita e prevista al secondo comma del predetto articolo[2].

Tuttavia in considerazione della clausola di sussidiarietà, in incipit alla norma di cui all'articolo 612-bis c.p., è opportuno procedere – oculatamente - alla ricostruzione delle condotte materiali, in relazione al loro storico divenire, correlandole alla cessazione o permanenza del rapporto di convivenza tra l'imputato e la persona offesa, analizzandone, altresì, la concreta ed effettiva rilevanza per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di convivenza, così, da verificare, ai finì della qualificazione della fattispecie concreta, la sussumibilità nel delitto di maltrattamenti in famiglia ovvero in quello di atti persecutori.

In dipendenza di siffatta evenienza, a conferma di quanto sostenuto dal Supremo Consesso, sebbene le condotte delittuose vengano commesse dal coniuge, anche se legalmente separato o dal convivente more uxorio e la stabile convivenza sia cessata prima della commissione del delitto, il soggetto attivo del reato risponderà della fattispecie di cui all'art. 612 bis c.p. (atti persecutori) nella sua forma aggravata e non del reato più grave punito e previsto dall'art. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari e conviventi).

Fonti:

codice penale la tribuna ed. 2024;

www.minori.gov.it/it/minori/protezione-dei-minori-contro-lo-sfruttamento-e-labuso-sessuale,

cass. pen. sez. vi n. 37748/2024 del 15.10.24.

Avv. Sara Spanò

[1] Con la legge 172/2012, è stata finalmente ratificata, dal nostro Paese, la Convenzione di Lanzarote del Consiglio d'Europa del 25 ottobre 2007 (entrata in vigore il 1° luglio 2010) per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. In questo modo la Convenzione - considerata ad oggi lo strumento più avanzato sulla materia e il primo che impone agli Stati di criminalizzare globalmente le forme di abuso sessuale nei confronti dei minori compresi gli abusi commessi all'interno della famiglia, con l'uso di forza, costrizione o minacce- è diventata uno strumento giuridico che impegna anche lo Stato italiano. La Convenzione, infatti, unificando la legislazione degli Stati sul tema della tutela dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, ha gettato le basi per riuscire a combattere più efficacemente questi fenomeni che spesso si caratterizzano proprio per essere trans-nazionali. In essa si chiede agli Stati di perseguire i reati anche quando vengono commessi da propri cittadini sul territorio di un altro Stato, e di applicare la propria giurisdizione anche agli autori di reati che, senza avere la cittadinanza di quello Stato, vi risiedono abitualmente prevedendo, altresì, misure preventive e programmi di sostegno alle vittime.

[2] "La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche se separato o divorziato , o da persona che è o è stata legata alla persona offesa da relazione affettiva ovvero se il fatto è commesso con l'utilizzo di strumenti informatici o telematici".