Molestie tramite social network: la possibilità per la persona offesa di disattivare le notifiche esclude il reato

13.12.2023

Cass. Pen., sez. I, 03 ottobre 2023, n. 40033

Con la sentenza del 3 ottobre 2023, n. 40033, la Prima Sezione penale della Corte di cassazione ha adottato una pronuncia innovativa in tema di correlazione tra progresso tecnologico e reato di molestia di cui all'art. 660 c.p.

Il fatto, originariamente contestato come atti persecutori ai sensi dell'art. 612-bis c.p., consisteva nell'inoltro di richieste di amicizia, in ripetuti messaggi inviati tramite social network, nonché nella condivisione di foto.

Nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna, la difesa dell'imputato evidenziava la circostanza che il reato di molestia, nella parte in cui presuppone che la condotta avvenga «per mezzo del telefono», possa essere integrata solamente da un mezzo di comunicazione imposto al destinatario e con modalità sincrona.

Dopo una ricostruzione delle più rilevanti pronunce sul punto, la sentenza espone i principi che rappresentano il filo conduttore dei vari precedenti giurisprudenziali sul punto.

Originariamente, la giurisprudenza di legittimità aveva distinto l'ipotesi di invio di messagistica SMS dall'inoltro di posta elettronica: nel primo caso, data l'invasività del mezzo di comunicazione utilizzato, si riteneva integrata la fattispecie di cui all'art. 660 c.p.; nel secondo caso, stante la necessità, per poter vedere la comunicazione, di effettuare accesso al proprio account, si escludeva la responsabilità penale.

Tuttavia, il progresso tecnologico e la possibilità che, a seguito dell'inoltro di corrispondenza elettronica, vi sia una immediata notifica avevano portato alcune pronunce giurisprudenziali a ritenere anche in queste ipotesi integrato il reato di cui all'art. 660 c.p. Infatti, in tali provvedimenti si afferma che non trova alcun fondamento il distinguo tra messagistica SMS ed e-mail, tantomeno nella lettera della norma citata.

Ciò che, quindi, consentirebbe di ritenere integrato il reato di molestia è, innanzitutto, non tanto l'uso di un apparecchio telefonico, quanto piuttosto delle linee telefoniche. Ne consegue, perciò, l'irrilevanza del mezzo usato, potendo questo essere non solo un telefono, come richiede espressamente la lettera dell'art. 660 c.p., ma anche un «computer, orologio o altro dispositivo». È altresì necessario che il mezzo sia caratterizzato da particolare invasività nella vita del destinatario della comunicazione.

Svolte queste premesse di principio, la pronuncia ora in esame si distingue da quelle antecedenti per aver contestualizzato i sistemi di preview e alert – in altri termini, il sistema di notifiche della messaggistica – che caratterizzano i mezzi di comunicazione dell'epoca odierna con la possibilità di intervento su essi da parte del destinatario della comunicazione.

Infatti, come ritenuto nella sentenza ora in esame, l'istantaneità della comunicazione e l'improvvisa sua ricezione sono nella realtà tecnologica odierna un mero accessorio, poiché l'attivazione delle notifiche costituisce frutto della scelta libera del soggetto che riceve la comunicazione. Ne consegue che proprio perché la persona offesa può impedire quella invasione della sua sfera privata, non sussistono le modalità sincrone del «mezzo del telefono», con conseguente insussistenza del fatto di reato.

In conclusione, il principio affermato nella sentenza ora in esame rappresenta un'affermazione inedita nel recente panorama giurisprudenziale, ponendosi in netta opposizione con quanto ritenuto nei precedenti giurisprudenziali.

Dott. Marco Misiti