Stalking occupazionale

17.02.2024

Cass. pen., sez V, 5 aprile 2022 n. 12827

Il reato di "atti persecutori" di cui all'art.612 bis c.p. (c.d. stalking) è stato introdotto dal d.l. 23 febbraio 2009 n.11, convertito in legge n.39/2009, con il chiaro intento di apportare una tutela rafforzata della libertà morale e della serenità psichica della vittima.

La fattispecie appare incentrata sul necessario ripetersi di una condotta di minaccia o di molestia, causativa di uno dei tre eventi alternativi tipizzati dalla norma: un perdurante e grave stato di ansia e paura, un fondato timore per la propria incolumità o per quella di una persona ad essa affettivamente legata, una costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Quanto al soggetto passivo, in genere è colui che è legato alla persona offesa da rapporti affettivi o sentimentali, quale potrebbe essere un fidanzato, un ex marito, un corteggiatore non corrisposto.

Tuttavia, il delitto ha trovato applicazione anche in altri contesti.

Si pensi, ad esempio, al c.d. "mobbing", fenomeno sociale particolarmente diffuso nel mondo del lavoro, che si verifica in presenza una serie di comportamenti aggressivi, ostili o vessatori perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore.

Ed è proprio con una recente sentenza (Cass. pen. Sez. V, 18 gennaio 2022, n.12827) che la Suprema Corte, abbracciando un orientamento ormai diffuso, ha condannato per il reato di "stalking" il presidente di una s.r.l., il quale aveva reiteratamente minacciato alcuni dipendenti di "cementarli" in un pilastro, li aveva invitati a confrontarsi fisicamente con lui, nonché sottoposti a pubblici rimproveri inutilmente mortificanti e ad una serie di provvedimenti disciplinari culminati anche in un licenziamento al fine di creare terrore tra i dipendenti iscritti all' associazione sindacale.

La Cassazione, difatti, rileva che "integra il delitto di atti persecutori la condotta di mobbing del datore di lavoro che ponga in essere una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell'esprimere ostilità verso il lavoratore dipendente e preordinati alla sua mortificazione ed isolamento nell'ambiente di lavoro - che ben possono essere rappresentati dall'abuso del potere disciplinare culminante in licenziamenti ritorsivi - tali da determinare un vulnus alla libera autodeterminazione della vittima, così realizzando uno degli eventi alternativi previsti dall'art. 612-bis c.p."

Nel caso di stalking "occupazionale" per la sussistenza del delitto art. 612-bis c.p., è sufficiente il dolo generico, con la conseguenza che è richiesta la mera volontà di attuare reiterate condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, mentre non occorre che tali condotte siano dirette ad un fine specifico.

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia