I vizi incompleti del contratto

23.06.2025

A cura di Dott.ssa Michela Falcone

Nel nostro ordinamento giuridico con l'espressione vizi incompleti del contratto si indicano tutte quelle ipotesi in cui, pur non ravvisandosi i requisiti che integrano un vizio, il concreto assetto di interessi che risulta dal regolamento negoziale è frutto di una decisione alterata dalla condotta sleale tenuta da una delle parti, nella fase di conclusione del contratto.

La teoria dei vizi incompleti del contratto e il conseguente approccio a questa nuova categoria di vizio che va oltre le ragioni tipiche dell'annullamento del contratto, ha portato negli ultimi anni gli interpreti ad ampliare il tradizionale ambito di operatività della responsabilità precontrattuale.

La tematica in esame ha permesso di analizzare e ammettere la responsabilità precontrattuale da contratto valido ma svantaggioso.

In passato la dottrina e la giurisprudenza, fedeli allo scarno dato normativo offerto dal codice civile, ritenevano che la responsabilità precontrattuale era applicabile solo in due casi: la mancata conclusione del contratto (art. 1337 c.c.) e la conclusione di un contratto invalido (art. 1338 c.c.).

Il vizio del contratto portava alla rimozione del contratto solo se era un vizio "completo", laddove, invece, veniva in rilevo un vizio "incompleto" la parte svantaggiata non poteva rimuovere il contratto e, solo in caso di dolo incidente (art. 1440 c.c.), era possibile ottenere il risarcimento del danno derivante dalla scorrettezza precontrattuale.

La ratio sottesa a questo ragionamento era chiaramente quella di preservare l'equilibrio originario del contratto senza mettere in discussione il principio del pacta sunt servanda, poiché il contratto ha forza di legge tra le parti e così andava rispettato.

La teoria dei vizi incompleti del contratto ha iniziato ad affermarsi con le Sentenze della Cassazione a Sezioni Unite nn. 26724 e 26725 del 2007, relative alle conseguenze derivanti dalla violazione degli obblighi informativi da parte degli intermediari finanziari (cd. risparmio tradito).

Tali pronunce hanno ribadito la tradizionale distinzione tra regole di validità e regole di condotta, in base alla quale la violazione delle prime è fonte di invalidità, mentre la violazione delle seconde è solo fonte di responsabilità.

Secondo il ragionamento degli Ermellini, la violazione di obblighi informativi, nonostante previsti da norme imperative, è vero che non legittimava l'esperibilità di azioni volte alla demolizione del contratto, ma era altrettanto vero che la loro violazione era fonte di responsabilità precontrattuale, poiché si trattava di regole di condotta e non di validità.

Il risarcimento del danno andava parametrato secondo il cd. interesse positivo virtuale che consiste nel raffronto tra l'utilità economica del contratto virtuale (non concluso) e l'utilità economica del contratto effettivamente concluso.

L'ammissione della teoria dei vizi incompleti del contratto non era e non è priva di conseguenze.

Il giudice a fronte di un siffatto tipo di vizio, che si risolve in uno squilibrio non solo economico, ma anche giuridico, dovrebbe intervenire sul contratto per sterilizzare quella clausola diversa ed escludere la sua efficacia.

Tutto questo porterebbe ad un intervento di tipo manutentivo e finirebbe per attribuire alla clausola di buona fede la valenza di regola di validità.