La detenzione femminile e gli Icam

06.03.2024

La storia del carcere femminile si contraddistingue prettamente per le iniziative tese a risocializzare le donne autrici di reati che tra il seicento e il settecento consistevano in atti lesivi di valori morali o di comportamenti ritenuti troppi "liberi". 

La gestione di codesti istituti penitenziari e riformatori per le fanciulle era affidata a personale femminile religioso il cui obiettivo era la rieducazione e l'insegnamento di lavori domestici e di cucito. 

Nell'istituto femminile la detenzione aveva lo scopo di rieducare la personalità deviata della donna-reo, rieducandola al modello culturale all'epoca dominante: la sottomissione.

Solo nel 1975 il regime penitenziario femminile cambiò: le suore vennero sostituite con donne che vigilavano dipendenti dello Stato il cui compito era quello di vigilare e custodire. 

Tali figure furono affiancate da educatori, assistenti sociali, psicologi ed esperti in scienze psico-sociali il cui compito era quello di rieducare le detenute.

Sempre nello stesso anno, con la L. 354 Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà si affrontava la questione delle madri detenute

Infatti, la legge ad oggetto stabiliva che in ogni istituto penitenziario femminile dovevano essere attivati e funzionanti i servizi speciali per l'assistenza sanitaria delle gestanti e delle puerpere e che a tali donne si consentisse di tenere con sé i figli fino all'età di tre anni, supportate per la cura e l'assistenza dei propri bambini da appositi asili nido.

Successivamente nel 1986 con la legge n. 663 denominata Legge Gozzini si dette vita a una serie di disposizioni in materia di detenzione, relative ai permessi premio, affidamento al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà, liberazione anticipata e non-menzione.

Per quanto attiene all'istituto della detenzione domiciliare si prevedeva come condizione per la sua concessione una pena o un residuo di pena inferiore a due anni e, nel caso fosse stato concesso a madre o donna incinta, richiedeva che i figli fossero di età inferiore a tre anni e con lei conviventi. Tale beneficio non era previsto per il padre neanche nel caso in cui la madre fosse morta.

Così come strutturato, l'istituto della detenzione domiciliare non offriva ai detenuti nessuno strumento necessario per la concreta realizzazione del progetto di decarcerizzazione derivato dal fatto che non prevedeva delle forme di rieducazione.

Nel 1998 la legge Simeoni – Saraceni va a rielaborare e migliorare, cercando di garantire l'effettivo accesso alle misure alternative alla detenzione per i condannati meritevoli. 

Tale legge dava la possibilità di espirare la pena nella propria abitazione o in un altro luogo di privata dimora alle donne incinte o madri di prole di età inferiore ai 10 anni, andando a prolungare il tempo che la madre dedica alla crescita dei propri figli. 

Per di più modificò da due a quattro anni il limite di pena da scontare dando maggior rilievo al rapporto madre – figlio e permettendo alle madri di stare vicino ai propri figli non solo durante il periodo dell'infanzia.

Nel 2001 sempre a tutela del rapporto genitori – figli, la legge Finocchiaro dette vita a due nuovi istituti; la detenzione domiciliare speciale e l'assistenza all'esterno dei figli minori. L'obiettivo primario era evitare che alle detenute madri si aggiungessero detenuti bambini, andando così a compromettere irreversibilmente il loro naturale sviluppo psico-fisico.

La legge prevedeva la sospensione della pena dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del sesto mese di vita del neonato per tutte quelle donne in gravidanza che abbiano subito una condanna.

Tale legge prevedeva la presenza dei figli con la madre, senza però andare a precisare quale sarà il destino di questi minori una volta compiuti i tre anni.

Nel 2011 si innalzò il limite di età dei bambini dandogli la possibilità di vivere in carcere con la propria madre fino ai sei anni. La legge poi prevedeva la custodia negli istituti ICAM (Istituto a Custodia Attenuata per detenute Madri) in sede esterna agli istituti penitenziari, in modo da evitare ai bambini un'infanzia dietro le sbarre. Tali istituti hanno una struttura tale che non ricardano il carcere ma ricreano un ambiente più familiare infatti il personale lavora senza divisa e vi è la presenza costante di educatori specializzati che supportano e aiutano le madri nel loro rapporto affettivo con i figli.

Gli spazi sono strutturati in modo tale da rispecchiare e rispettare specifici criteri pedagogici in modo che i bambini possono formulare un'idea di casa. In tali istituti i bambini possono trascorrere del tempo all'aria aperta in compagnia di familiari e volontari e il personale di Polizia penitenziaria è composto da agenti di sesso femminile mentre gli educatori sono di entrambi i sessi così da permettere ai minori di relazionarsi anche con le figure maschili.

Al compimento del sesto anno di età il bambino viene obbligatoriamente allontanato dalla madre e, considerata la mancanza di supporti esterni o parenti all'esterno, viene affidato a una famiglia affidataria o a un istituto assistenziale.

Avv. Giulia Nazzicone