
Nel reato di omicidio stradale il messaggio whatsapp può provare lo stato di distrazione
A cura di Avv. Francesco Martin
Il reato di omicidio stradale è disciplinato dall'art. 589-bis c.p. e punisce il soggetto cagioni la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale; si tratta di un delitto comune punito a titolo di colpa.
La nuova previsione prevede una diminuzione di pena qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole (comma 7), all'interno della quale sono state fatte rientrare le ipotesi di contributo colposo della vittima alla causazione dell'incidente; il reato si consuma al verificarsi dell'evento-morte.
Sono poi previste delle circostanze aggravanti per le ipotesi in cui l'omicidio sia stato realizzato da un soggetto che si sia posto alla conduzione dell'unità da diporto in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Al comma 5 è previsto l'aumento di pena per talune, tipizzate, gravi violazioni delle norme sulla circolazione stradale, consistenti in: a) superamento di limiti di velocità; b) attraversamento con il semaforo rosso o circolazione contromano; c) inversioni di marcia in prossimità o corrispondenza di intersezioni, curve, dossi; d) sorpassi azzardati.
Al comma 6 è previsto un ulteriore aggravamento di pena nel caso in cui l'agente: a) non ha la patente; b) ha la patente sospesa o revocata; c) non ha assicurato l'autoveicolo.
Per quanto attiene alle disposizioni processuali, per l'omicidio colposo stradale di cui al comma 1 è consentito sia l'arresto in flagranza, sia il fermo così come la custodia cautelare in carcere; competente a decidere è il Tribunale in composizione monocratica tranne per le ipotesi previste dall'art. 589-bis c.p.p. comma 2 e 3 e nelle ipotesi in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 590-ter c.p. in cui la competenza spetta la Tribunale in composizione collegiale.
Con riferimento al reato di omicidio stradale con particolare riferimento alla prova dell'inosservanza delle regole cautelari, la Corte di cassazione, con una recente sentenza[1], ha ritenuto che il messaggio whatsapp, inviato pochi minuti prima dell'incidente, sia rappresentativo della distrazione dell'imputato.
In particolare, lo scambio dei messaggi era avvenuto in un arco temporale nel quale si era verificato l'incidente, ciò risultando dimostrativo, stante la prossimità temporale dell'ultimo messaggio rilevato rispetto al tamponamento, di una condotta di guida improntata alla imprudenza, valutando la compatibilità del rilevamento rispetto alla invasione della corsia d'emergenza.
Riveste inoltre interesse la parte di motivazione inerente il diniego delle circostanze attenuanti in quanto il loro riconoscimento non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse.
Non è quindi necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato.
Deve poi evidenziarsi che, per quanto attiene alla circostanza attenuante del risarcimento del danno prima dell'apertura del dibattimento, il risarcimento effettuato dall'ente assicuratore, anche se eseguito prima del giudizio per il reato di omicidio colposo non vale ad integrare la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6), in quanto l'intervento risarcitorio non è riferibile né, comunque, riconducibile all'imputato, ma alla iniziativa del datore di lavoro di questo che abbia stipulato il contratto assicurativo.
La Corte ha quindi dichiara inammissibile il ricorso e
condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
[1] Cass. Pen., Sez. IV, 28 marzo 2025, n. 12256.